SFOGLIA ALCUNE PAGINE
Visualizza un capitolo esemplificativo
EPIDEMIOLOGIA
Se si escludono le crisi febbrili, la probabilità che un individuo possa avere almeno una crisi convulsiva nel corso della vita è del 5-10%.
Su scala planetaria, si calcola che il 5% circa della popolazione sarà vittima di una crisi convulsiva spontanea almeno una volta nella vita.
Si tratta di una patologia relativamente frequente nelle strutture d’urgenza, che rappresenta dallo 0,3 all’1,2% delle cause di ricovero.
Il tasso d’incidenza varia da 40 a 70/100 000 abitanti/anno nei Paesi industrializzati,
mentre supera i 100 nei Paesi in via di sviluppo.
[9] Le ipotesi avanzate per spiegare tale discrepanza comprendono i rischi più elevati in alcune regioni del mondo di essere esposti a patologie responsabili di lesioni cerebrali come la neurocisticercosi, le meningiti, la malaria, la malnutrizione e le complicanze perinatali.
Per lo stato di grande male esistono discordanze che dipendono dalla definizione adottata e dal tipo di popolazione studiata; l’incidenza comunque varia da 9,9/100 000 nella Svizzera romanda
[12] a 41/100 000 in Virginia.
[13]La prevalenza si situa intorno a 7/1 000 nei Paesi industrializzati mentre è molto più elevata, fino a dieci volte superiore, in alcuni Paesi in via di sviluppo.
Esiste un eccesso di mortalità significativo nella popolazione di pazienti vittime di crisi convulsive, in particolare nei soggetti con epilessia sintomatica. La mortalità è legata alla patologia soggiacente ma anche alle stesse convulsioni, in quanto aumenta con la severità delle crisi e con il verificarsi di cadute.
Potrebbe trattarsi di conseguenze della patologia soggiacente responsabile dell’epilessia (neoplasia, accidente cerebrovascolare [ACV], trauma cranico, infezione), di accidenti secondari a crisi sopraggiunte in circostanze di pericolo (annegamento, ustioni) o di morte improvvisa. Nei pazienti che hanno presentato più di due crisi convulsive spontanee, tale rischio è 33 volte superiore a quello della popolazione generale e il tasso di incidenza stimato oscilla da 54 a 135/100 000 individui/anno.
[18] Tale aumento del rischio di morte improvvisa è verosimilmente in rapporto con la comparsa di apnee di origine centrale e di disregolazione cardiaca, e il coinvolgimento del sistema nervoso autonomo è stato messo in evidenza dalle crisi, in particolare durante il sonno, in pazienti epilettici vittime di morte improvvisa.
Nello stato di grande male, i tassi di mortalità variano dal 7 al 22% ed è nella popolazione anziana che il tasso risulta più elevato, potendo raggiungere il 38%, perfino il 50% al di sotto degli 80 anni; l’ACV acuto o cronico è risultato essere la causa più frequente.
La distribuzione bimodale del tasso d’incidenza delle prime crisi o dell’epilessia stabilita in funzione dell’età sembra specifica per questa malattia, e i tassi più elevati si riscontrano nel bambino e, soprattutto, nell’anziano. Nel bambino e nell’adolescente, il tasso d’incidenza delle crisi ricorrenti non febbrili è in funzione della fascia d’età considerata, e i tassi più elevati si osservano nel neonato e nel lattante.
[23] Nel corso dell’adolescenza, questo tasso diminuisce fino a raggiungere quello dell’adulto nei Paesi industrializzati, mentre è elevato nei Paesi in via di sviluppo.
Nel soggetto anziano, molti studi recenti hanno messo in evidenza un aumento dei tassi d’incidenza e di prevalenza delle crisi ricorrenti oltre i 65 anni di età nei Paesi industrializzati; queste osservazioni sono invece meno evidenti nei Paesi in via di sviluppo.
[9] L’incidenza cumulativa all’età di 80 anni è stimata pari al 5%, mentre è inferiore all’1% all’età di 20 anni; quanto alla prevalenza, è valutata di 10/1 000 in questa fascia di età.
Le convulsioni iniziali, generalmente ritenute rare nell’anziano, sembrano in realtà più frequenti del previsto, rispettivamente nel 24 e nel 35% dei casi in due studi del 1990.
Questo fenomeno epidemiologico recente può essere spiegato dall’aumento dell’aspettativa di vita e dall’esposizione a fattori di rischio (più frequenti in questa fascia d’età), responsabili di un aumento della quota di crisi sintomatiche secondarie a patologie neurodegenerative, cerebrovascolari o neoplastiche.
Da tutti gli studi, con rare eccezioni, emerge una frequenza più elevata nel sesso maschile. Il rapporto tra i sessi in base agli studi si pone tra 1,1 e 1,7.
La preponderanza maschile può eventualmente essere spiegata dalla frequenza delle crisi convulsive secondarie legate alle intossicazioni e all’astinenza, in particolare etilica, che tendono a essere appannaggio del sesso maschile, mentre sembra più difficile spiegare tale differenza in pazienti che si presentano in un servizio d’urgenza dopo un’unica crisi convulsiva spontanea.
[30]Il rischio della comparsa di una nuova crisi dopo una crisi convulsiva idiopatica varia in base all’età del paziente, all’eziologia e al tipo di crisi.
[31]È stimato tra il 20 e il 40% nei pazienti che hanno presentato una crisi generalizzata idiopatica, con elettroencefalogramma (EEG) normale e nessun precedente familiare di crisi o di epilessia e tra il 60 e il 70% nei soggetti che presentano fattori di rischio come anamnesi di trauma cranico, malattie neurologiche pregresse, anomalie EEG, lesioni focali alla TC e anamnesi familiare di epilessia.
Anche il tasso di recidive è più elevato nelle crisi parziali e aumenta con l’età.
Tale rischio diminuisce nettamente a distanza di un anno dalla crisi, quando questa è idiopatica. In compenso, dopo una seconda crisi, il rischio di averne altre raggiunge l’80%, cosicché una seconda crisi è considerata un indicatore affidabile di malattia epilettica.
[31]